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Da più di due anni ormai, siamo alle prese con la pandemia da SARS-COV-2 e costantemente informati dai media riguardo il suo andamento. Quello che però TV e giornali omettono, sono le interazioni di questa malattia con altre già presenti. Oggi prendiamo in esame il rapporto tra COVID-19 e Favismo.

Cos’è il favismo

Quello che è erroneamente noto come “favismo”, è la carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), un enzima comunemente presente nei globuli rossi di più del 90% della popolazione mondiale. La carenza di G6PD è una mutazione del sangue (avvenuta in circa 3000 anni), in risposta alla malaria. I soggetti che presentano carenza di G6PD e i talassemici, infatti, è più difficile che contraggano la malaria e la sintomatologia è più lieve. Questa mutazione, stima l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è presente in circa 500 milioni di persone nel mondo, circa 400 mila in Italia. La percentuale più alta di incidenza nel nostro Paese si registra in Sardegna dove è presente in circa il 30% della popolazione.

I rischi maggiori per i soggetti G6PD carenti, sono l’ingestione di fave e l’assunzione di determinati farmaci. Nelle fave sono presenti due molecole (vicina e convicina) che sono innocue per chiunque ma per i fabici potenzialmente letali. L’assunzione di queste molecole provoca crisi emolitica nei fabici, ovvero la distruzione dei globuli rossi. L’enzima G6PD protegge i globuli rossi dall’ossidazione ma essi, essendone carenti e venendo in contatto con le molecole di cui sopra o altre che ne hanno comparabili proprietà, non riescono a contrastare questo processo chimico. Il risultato è che l’emoglobina presente nel sangue, si lega alla membrana che protegge gli eritrociti e ne causa appunto la distruzione. L’unica possibilità di salvezza, in caso di crisi emolitica, è una trasfusione di sangue tempestiva.

Gli effetti sopra riportati, oltre che dall’ingestione delle fave, possono essere causati inoltre da alcuni farmaci (lista completa nei link alla fine dell’articolo) anche di uso comune, come VivinC, Tachiprina, Moment.

COVID-19 e Favismo

In tempi di pandemia l’enzimopenia G6PD quali scenari prospetta? Le sintomatologie date dal Covid-19 venivano trattate maggiormente con due tipi di farmaci: la Clorochina e l’Idrossiclorochina. Nel Gruppo di lavoro ISS Malattie Rare COVID-19. Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno delle persone con enzimopenia G6PD (favismo) nell’attuale scenario emergenziale SARS-CoV-2. Versione del 14 aprile 2020. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020. (Rapporto ISS COVID-19, n. 14/2020) si legge:

[…] Pertanto, per i soggetti portatori del deficit di G6PD l’infezione da SARS-CoV-2 rappresenta un fattore aggiuntivo di rischio poiché clorochina e idrossiclorochina attualmente applicate ai pazienti COVID-19 dovrebbero essere evitate nei portatori di deficit grave di G6PD in quanto potrebbero scatenare una crisi emolitica nel paziente.

Sostanzialmente le cure diventavano molto più complesse o, nel migliore dei casi, si procedeva ad una monitorizzazione del paziente molto più attenta. Uno studio pubblicato a Febbraio 2021 (link in inglese) riporta che su 6 casi di pazienti con carenza di G6PD, in un solo paziente non sono stati evidenziati problemi. Negli altri casi: 1 paziente ha avuto crisi emolitica nelle 24 ore dall’inizio del trattamento con idrossiclorochina; 3 pazienti nei due giorni successivi; 1 paziente nei sei giorni successivi. Covid-19 e favismo non sono così facili da trattare insieme.

Va specificato che le condizioni di carenza G6PD sono variabili, l’enzima può avere diverse percentuali di presenza all’interno del sangue. Se prendiamo la regione con più alta incidenza in Italia (la Sardegna) circa l’80% dei fabici è portatrice della variante mediterranea, in cui la presenza dell’enzima G6PD è inferiore al 10%.

In ragione di questi risultati e questi studi, il 26 maggio 2020 l’AIFA ha sospeso l’uso di Clorochina e Idrossiclorochina. Ciononostante, le cure ospedaliere e domiciliari rimangono un problema per i fabici. Il gran numero di principi attivi potenzialmente dannosi, rendono la degenza più complessa: tra i principi attivi consigliati per le cure c’è il paracetamolo (Tachipirina ad esempio), sconsigliato dall’AIFA per i carenti G6PD. Si stanno conducendo nel mondo, infine, alcuni studi sull’efficacia dell’ozonoterapia nel trattamento del Covid-19. Ad oggi non esiste nessuna evidenza sull’efficacia di questo trattamento, tuttavia è assolutamente controindicato nei pazienti fabici. L’esposizione del sangue all’ozono, ne stimola l’ossidazione che non comporta nessun problema nei pazienti non fabici ma può risultare letale nei pazienti G6PD carenti.

Conclusioni e link utili e di approfondimento

Una persona fabica conosce già i rischi della sua condizione. L’assunzione di farmaci e i cibi sono sempre sotto controllo ma deve fare ancora più attenzione in questo periodo già complicato. Il rapporto tra Covid-19 e favismo è ancora più complesso rispetto alla norma e l’unica via sicura è la prevenzione. Le vaccinazioni sono risultate totalmente sicure, prive di controindicazioni e un ottimo scudo come nel resto della popolazione. Riferirsi sempre al proprio medico per l’assunzione di qualsiasi farmaco, stare attenti ai cibi e leggere le etichette (molti cibi confezionati utilizzano farina di fave) sono le prime e più importanti accortezze. Per il resto un G6PD carente vive una vita normalissima, solo qualche attenzione in più e, a volte, influenze un po’ più lunghe.

  1. Test glucosio-6-fosfato deidrogenasi – G6PD (analisi cliniche)
  2. Deficit di G6PD – Favismo
  3. Elenco dei farmaci nocivi o potenzialmente tali da evitare in caso di carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) (27/07/2009)
  4. Deficit di glucosio fosfato deidrogenasi e farmaci
  5. Motore di ricerca per farmaci e principi attivi con grado di rischio
  6. Parere elaborato dall’ISS sull’ozonoterapia

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