Da tempo immemore uno degli animali più maestosi di sempre, simbolo di potenza ed eleganza. Li vediamo in tanti sport come il cricket, le corse, i pali, eccetera. A volte incutono un po’ di timore, proprio per via della loro mole, ma sicuramente uno dei compagni migliori dell’uomo. In questa quarta e ultima parte affronteremo il ruolo del cavallo nella pet therapy.
Storia del cavallo nella pet therapy
La domesticazione del cavallo da parte dell’uomo per vari scopi, è da ricercarsi a partire da circa 5500 anni fa in Asia. In Europa i primi dati si trovano a partire dal III millennio a.C. I benefici effetti correlabili all’uso del cavallo a scopo terapeutico, invece, sono descritti già nell’opera di Ippocrate di Coo (460-370 a.C.).
In Italia, l’utilizzo del cavallo a scopo terapeutico (ippoterapia) compare negli anni settanta in modo coerente e metodologicamente corretto. La psicologa francese Daniela Nicolas-Citterio, anche attraverso l’Associazione Nazionale Italiana per la Riabilitazione Equestre, diede quell’impulso che serviva a diffondere questo tipo di terapia.
A chi è rivolta l’ippoterapia
Ad oggi l’ippoterapia è utilizzata in patologie di paralisi cerebrale infantile, autismo e sindrome di Down. Da qualche tempo è stata introdotta anche in traumi correlati ad infortuni stradali e sul lavoro. Ma non solo: anche persone affette da morbo di Alzheimer, demenza, SLA, ictus, schizofrenia e altre patologie psichiche o fisiche. Come per ogni co-terapia con gli animali, ogni persona è valutata singolarmente, individuando attività e finalità della terapia. Non a tutti è adatto lo stesso animale, lo stesso lavoro, quindi anche in questo caso ci sarà un’équipe multidisciplinare a valutare caso per caso.
L’ippoterapia, come altri interventi assistiti con animali, è adatta a far sviluppare:
- Empatia;
- Aprirsi all’altro;
- Il prendersi cura e il senso di responsabilità;
- Socializzazione;
- Autostima;
- Contatto fisico;
- Il gioco;
- Benefici fisiologici.
Il cavallo da pet therapy
L’animale da individuare è quello generalmente adatto ai principianti dell’equitazione. Dovrà essere quindi un animale calmo e che non rischi di avere reazioni improvvise e imprevedibili. Pazienza, calma, e spirito di adattamento a pattern generalmente monotoni sono molto importanti. E’ importante che non si spaventi per rumori improvvisi e che sia abituato al contatto fisico in ogni parte del corpo. L’altezza consigliata è di circa 155-160 cm al garrese, in modo da non presentare grosse difficoltà in fase di salita e discesa.
Le fasi dell’ippoterapia si dividono in:
- “Maternage”: può essere considerata una fase preliminare del paziente che, insieme al terapista, comincia il suo approccio al cavallo.
- Ippoterapia propriamente detta: consiste nella somministrazione degli esercizi terapeutici all’utente, che non si occupa direttamente dei movimenti e degli altri stimoli provenienti dal cavallo ma a questi risponde automaticamente. Questa fase è tanto più efficace quanto più attenta è la scelta e la progressione degli esercizi somministrati dall’équipe medica.
- Riabilitazione equestre: è una fase avanzata della cura. In essa il paziente controlla direttamente il cavallo attraverso le proprie azioni.
- Re-inserimento sociale: punto di arrivo ottimale di tutto il programma terapeutico, il re-inserimento sociale può essere realizzato attraverso il mezzo del cavallo in quella parte dei pazienti che abbiano superato i deficit psicomotori originari che erano di ostacolo alla piena affermazione della persona.
Cura del cavallo da pet therapy
Per quanto, come ogni animale domestico, il cavallo possa giovare ed essere propenso al lavoro con l’uomo, quello della pet therapy è comunque un lavoro stressante. Il conduttore dell’animale, ovvero la persona che addestra e si occupa materialmente dell’animale, sarà sempre attento ai comportamenti. Di seguito riportiamo alcuni esempi di segnali di stress propri del cavallo:
Riduzione delle prestazioni;
Nervosismo eccessivo;
Comportamento sospettoso;
Passività;
Tentativi di fuga;
Stereotipie quali ticchettio con lo zoccolo, “box walking”.
Per tutelare l’animale e prevenire un possibile stress, bisogna conoscere a fondo l’animale che si vuol far partecipare agli interventi assistiti. È necessario conoscere la tempra, il carattere e gli eventuali limiti. Proprio per poter programmare gli incontri al meglio e garantire serenità all’animale e il servizio all’utente. Per tutelare l’animale da eventuali momenti di stress vissuti durante gli incontri, si può utilizzare alcune tecniche di rilassamento o tecniche per trasformare lo stress negativo in stress positivo, in modo tale che l’animale riesca ad alzare il livello di tolleranza.
Fonti
Wikipedia
ISS – Interventi assistiti con gli Animali
Leggi anche:
Pet therapy: i nostri amici animali diventano medici (prima parte)
Pet therapy – il Cane (seconda parte)
Pet therapy – il gatto (terza parte)
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Revisione: Alessandro